Ken Robinson : “La rivoluzione educativa avverrà a partire dalla base”

Intervista con Ken Robinson
A cura di Emmanuel Davidenkoff
Traduzione di Marika Novaresio
Pubblicato con la gentile concessione di Sophie Blitman di EducPros.fr

Sir Ken Robinson

Sir Ken Robinson è ad oggi uno dei più influenti esperti d’educazione sulla scena internazionale.  Specializzato sulla creatività e sull’innovazione, questo accademico inglese, oggi installatosi negli USA, ha seguito le riforme educative di molti governi in tutto il mondo. In occasione del “Salon des grandes écoles” di Parigi, il 12 dicembre 2013 era presente come invitato di EducPros, due mesi dopo l’uscita in Francia del suo libro “L’elemento”, un successo editoriale tradotto in 22 lingue e co-scritto insieme a Lou Aronica; questo libro è una vera arringa per una scuola che dovrebbe riuscire ad aiutare a trovare “la chiave del benessere”.

Domanda Il segreto della riuscita – dite voi – consiste nel far convergere “ciò che noi adoriamo fare” e “ciò in cui siamo dotati”, ma lei fornisce più sovente degli esempi che riguardo la vita di artisti o di imprenditori che hanno vissuto un percorso di scolarizzazione opposto, come Paul McCartney o Richard Branson, piuttosto che la vita di idraulici o cassieri.

Sir Ken Robinson:  L’ “Elemento”  è il punto di convergenza tra talento e passione. In effetti, io offro un determinato numero di esempi che riguardano gli artisti e gli imprenditori, ma parlo anche di scienziati, insegnanti, etc. Nessun ruolo o attività attira tutto allo stesso modo. Trovare il proprio “Elemento” consiste nello scoprire ciò che è il meglio per noi. Consiste nel trovare sé stessi.

D:  Cosa che solitamente si fa “contro”, in opposizione ai propri professori, alle norme, all’autorità.. Possiamo quindi dire che tutti gli artisti o gli imprenditori che voi citate sono stati forgiati come tali perché erano e si erano messi in una sorta di avversità?

SKR: Nessuno ha bisogno di combattere per raggiunger il proprio Elemento, ma certi, in effetti, devono lottare contro la situazione materiale, la propria cultura o ancora contro l’atteggiamento dei loro genitori, insegnanti e di altre autorità. Potrebbero sentirsi frenati dalle aspettative dei loro amici, dei loro innamorati o dei coniugi. Siamo colpiti e coinvolti nelle opinioni altrui. O ancora, può essere difficile creare un nuovo modo di essere o di essere percepito.

D: In cosa la scuola si oppone a questa ricerca di sé?

SKR: L’insegnamento tradizionale si posa su una concezione molto ristretta del talento e non ci incoraggia ad esplorare i nostri personali centri di interesse. Per aiutarci, la scuola potrebbe per esempio offrire un programma molto più esteso nel corso dei primi anni così da offrire ai bambini maggiori occasioni per scoprire i propri talenti e di *specializzarsi negli ambiti che preferiscono.*

D: A tal fine, secondo lei, si dovrebbe porre fine al mito del “ritorno alle origini” che noi conosciamo anche in Francia, secondo il quale i primi anni devono prima di tutto essere consacrati a “leggere, scrivere, contare”; tuttavia, come fare se e quando la gran parte dei bambini non dovesse essere più in grado di padroneggiare queste competenze?

SKR: Io non sostengo che gli studenti possano evitare di sviluppare le competenze del calcolo, della lettura e della scrittura. Al contrario. Tuttavia, hanno maggiori opportunità di svilupparle se provano un interesse per l’insegnamento che è loro proposto e nel quale si sentono coinvolti. E’ una delle mie argomentazioni a favore di una maggiore creatività nell’insegnamento e nell’apprendimento.

Tuttavia, i princìpi fondamentali di ciò di cui parlo non si limitano a ciò. Essi travolgono gli obiettivi essenziali che sottostanno all’educazione – economica, culturale, sociale e personale. Per realizzarle, la scuola deve adottare un insegnamento di tipo diversificato ed equilibrato che includa non solamente il calcolo, la lettura e la scrittura, ma anche le arti, le scienze esatte, le scienze umane e l’educazione fisica.

D Un insegnamento che parli anche al corpo, ai sensi, alla parte creatività del cervello – cose escluse dalla scuola secondo lei. Come integrarle?

SKR: L’Insegnamento si posa su tre elementi principali : il programma, ossia le conoscenze che gli studenti devono acquisire; la pedagogia, grazie alla quale li aiutiamo a pervenirci; la valutazione la quale permette di giudicare i loro progressi. Ora, l’insegnamento attuale è fondato su una visione ristretta della capacità intellettuali cosa che implica dei programmi limitati, dei metodi pedagogici standardizzati e dei sistemi di valutazione impersonali, dominati da risultati sommari e dai voti, nonostante il fatto che l’insegnamento dovrebbe tenere conto dell’allievo nel suo insieme, sia da un punto di vista intellettuale che emozionale, spirituale e fisico. Concretamente, per ottemperare a ciò, dobbiamo quindi trasformare i programmi, la pedagogia e il sistema di valutazione.

DAllora ci spieghi come mai, secondo lei, il lavoro e la competitività si poggiano sulle qualità che il sistema scolastico reprime…

SKR: Secondo me? Non è solo il mio punto di vista! Uno degli obiettivi dell’insegnamento è l’ordine economico.  Ora, i sistema educativi attuali sono fondanti su una visione obsoleta dell’economia e delle dinamiche di impresa. Nel 2010 IBM ha pubblicato uno studio intitolato “Capitalizzare sulla complessità” realizzato sulla base di colloqui con 1500 direttori generali di imprese di ogni dimensione appartenenti a 60 paesi e di 33 settori differenti. Secondo le conclusioni, le due principali sfide alle quali deve esser pronto chi opera un’impresa sono, da un lato, *l’adattamento ai rapidi cambiamenti*, dall’altro lato, lo *sviluppo di una cultura dell’innovazione*. Siamo obbligati a constatare che l’insegnamento attuale non prepara gli studenti ad assumere questo ruolo nella vita attiva. Al contrario, esso tende a incentivare il conformismo a scapito della creatività.

D: “La certezza è nemica della creatività”, scrive Lei, tuttavia ci vogliono regole! Possiamo davvero aspettarci che un bambino ricostruisca i principi delle tavole delle moltiplicazioni, passando attraverso un branco di dubbi?

SKR: Certo che no! Coltivare la creatività non significa buttare via tutte le regole. Sovente le costrizioni e i limiti stimolano la creatività – per esempio le regole degli sport e dei giochi. Tuttavia l’innovazione nasce dal mettere in discussione dei modi di pensare o dei comportamenti comunemente ammessi. E’ così che nuovi giochi fanno la loro apparizione.
Se la cultura umana evolve, è precisamente grazie a questa nostra attitudine a scoprire nuovi modi di fare le cose. Allo stesso modo il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, tra convenzione e originalità condizionano la qualità dell’insegnamento e la creatività.

D: Lei perora questa causa affinché vengano rimosse le barriere tra le discipline al fine di mostrare l’unità del sapere. E’ un approccio realista, considerato che tutti i sistemi e i programmi – dalla scuola primaria all’università – sono divisi proprio in discipline?

SKR: Esistono senza dubbio molti modi di strutturare un programma. Le materie sono solitamente inquadrate secondo un criterio poco pertinente. Le scienze matematiche non costituiscono una vera materia a sé, più di quanto lo possano essere la musica o la storia.
Ci sono ambiti caratterizzati da processi, concetti, tecniche e interessi specifici che si intersecano gli uni con gli altri.

Inoltre le discipline sono in perenne evoluzione. All’inizio del XIX secolo, chimica, letteratura, psicologia e sociologia non erano oggetto di approfondimento universitario come avviene ora, poiché non avevano ancora subito quell’evoluzione che oggigiorno noi conosciamo. Di conseguenza, le scuole e le università che si affaticano nello stare fermi ed immobili mentre i saperi evolvono, finiranno prima o poi per diventare obsolete.

DLei quindi sostiene che le scuole funzionino come un McDonald’s al posto di funzionare come la “Guida Michelin”. Tuttavia i ristoranti “Michelin” costano cari…

SKR: E’ un mito che travolge tutto, anche i ristoranti: i fast-food non sono un buon prodotto di mercato. Gli hamburger sembrano un buon prodotto per il consumatore, ma bisogna tenere conto del loro vero costo per la nostra economia e per la società, cosa che comprende – si sa – le conseguenze disastrose della produzione alimentare industriale sull’ambiente, sulle spese mediche (via via sempre più incidenti e legate a patologie come diabete, malattie vascolari e obesità). Queste spese non sono incluse nel prezzo dell’hambuger, tuttavia ce ne facciamo carico come contribuenti. Gli ingredienti d’una alimentazione sana non sono necessariamente i più costosi e i benefici per la salute si possono rivelare ben superiori.

La stessa cosa vale per l’insegnamento. I sistemi d’educazione di massa che escludono un gran numero di allievi, essendo incapaci di fare fronte alle vere sfide che ci troviamo di fronte, generano un enorme spreco di risorse.
*Un insegnamento di qualità che coltiva i veri centri di interesse e di talento degli allievi non costa più caro* e costituisce un migliore investimento per tutti noi.

D: In Francia, il governo attuale, piuttosto di investire “sugli” insegnanti, ha investito “negli” insegnanti, annunciando 60000 assunzioni supplementari per un costo di 2,5 miliardi di euro in 5 anni. Le sembra un impiego pertinente dei fondi pubblici?

SKR: Non sono un economista specializzato sul sistema educativo francese. In linea generale, tuttavia, le *misure più efficaci in materia d’educazione consistono nel sostenere lo sviluppo professionale degli insegnanti*.  In base alla mia esperienza, i tre ambiti che hanno principalmente bisogno di sostegno sono: gli approcci didattici creativi, l’utilizzo di tecnologie numeriche per insegnare, la personalizzazione della valutazione degli studenti.

Se l’incremento di un 5% annuale sul budget relativo all’educazione è votato allo sviluppo professionale di questi aspetti, sicuramente tutto ciò avrà un impatto notevole sulla qualità dell’insegnamento, dell’apprendimento e sul livello di tutti gli istituti scolastici.

DA cavallo di ciò che voi raccomandate si trovano i MOOC (Massive Open Online Course, corsi di massa gratuiti online). Essi permettono precisamente, tramite il numero, la personalizzazione di cui lei parla. E’ questo il futuro?

SKR: I MOOC testimoniano *una straordinaria domanda di apprendimento nel mondo*. Mostrano dei nuovi modelli economici e pedagogici, in particolare nell’insegnamento superiore. E, ancora, producono dei risultati affascinanti sui nuovi approcci di insegnamento e apprendimento.

D: Il sistema educativo che voi denunciate come impersonale e standardizzato, non avrebbe mai dovuto interessarla, visto che lei è una persona al di fuori degli schemi, nato in un ambiente popolare e scolarizzato in una scuola speciale dopo aver contratto la polio all’età di 4 anni.

SKR: Ognuno di noi è fuori dagli schemi, in più declinazioni. Per quel che mi concerne, *un gran numero di mentori e guide hanno giocato un ruolo decisivo* in differenti momenti della mia vita. E’ lo stesso per un buon numero di persone di cui ho parlato nel mio testo. I mentori possono avere un’importanza considerevole per ciascuno di noi.

D: Le conferenze TED (acronimo per Techno, Entertainment and Design) nelle quali voi sostenete queste idee, sono state visualizzate via internet da più di 300 milioni di persone. Il cambiamento è in corso?

SKR: Io credo di sì e sta avvenendo a partire dalla base – studenti, insegnanti, genitori, organi locali. E’ sempre così che si svolgono le vere rivoluzioni.

Questo dialogo è apparso ne  “L’Express” del 2 ottobre 2013.
Intervista a cura di Emmanuel Davidenkoff
Traduzione di Marika Novaresio
Pubblicato con la gentile concessione di Sophie Blitman di EducPros.fr

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