Disciplina, di John Holt

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Alcuni esperti, quando parlano della disciplina, cercano di equiparare e legare tra di loro ciò che io ho chiamato la Disciplina della Natura e la Disciplina della Forza Superiore. Dicono che quando chiediamo a un bambino di fare qualcosa, e lo puniamo se non la fa, gli stiamo insegnando a comprendere le conseguenze naturali delle sue azioni.
In un libro ampiamente acclamato, un esperto ha dato questo consiglio specifico. Se vostro figlio arriva a casa tardi per cena, ditegli che non può avere da mangiare e imparerà presto le “conseguenze naturali” dell’essere in ritardo e del tornare a casa in orario. L’esempio è confuso, insensato e sbagliato.

Non ricevere la cena può essere definita una conseguenza “naturale” di arrivare tardi a casa solo nel senso che qualsiasi cosa accada è parte della realtà e quindi può essere definita “naturale”. Qualcuno potrebbe dire altrettanto facilmente che essere bastonati possa essere una conseguenza “naturale” del fare tardi. Infatti, non trovare la cena non è in assoluto un effetto naturale dell’essere in ritardo, ma una conseguenza puramente arbitraria imposta dai genitori. La conseguenza naturale dell’arrivare tardi per cena potrebbe essere quella di trovare la cena fredda o di doverla mangiare in parte o interamente da solo, o di dover sparecchiare e lavare i piatti da sé una volta finito.
Non ottenere la cena potrebbe essere una conseguenza naturale dell’arrivare a casa inaspettatamente così da non trovare niente di pronto. Ma non è una conseguenza naturale dell’essere in ritardo. È punizione pura e semplice. Coloro che puniscono dicono sempre a coloro che vengono puniti che i castighi sono le conseguenze “naturali” delle loro azioni. Non è così. Sono invece il risultato di una scelta che coloro che puniscono, o l’autorità che rappresentano, ha imposto su chi riceve la punizione.

Alcuni dicono: “Sono d’accordo con tutto quanto hai detto sinora. Non voglio rendere mio figlio servile e docile, voglio che abbia una vita interessante ed eccitante. Ma per fare qualcosa di interessante e che valga la pena, dovrà fare un sacco di puro, vecchio e sgradevole duro lavoro. Se non è mai stato abituato a fare qualcosa che non ama, come potrà essere in grado di fare il lavoro duro e persistere fino alla fine? Ora, non voglio negare neanche per un istante che molto del lavoro esistente al mondo sia sgradevole e duro. Ma non è questo che queste persone intendono. Dicono che per fare qualsiasi cosa occorra fare un Lavoro Sgradevole e Duro, che qualunque tipo di lavoro sia un Lavoro Sgradevole e Duro.

In queste tre parole (Sgradevole e Duro Lavoro) è racchiuso un intero stile e modo di guardare alla vita, molto diffuso, profondamente radicato e del tutto errato. Innanzi tutto, gli antichi Puritani stabilivano un’opposizione tra lavoro e gioco. Il lavoro è ciò che non ti piace ma che fai perché devi, o perché qualcuno ti obbliga a farlo e la giudichi una cosa giusta. Il gioco è quanto ti piace davvero, ma la giudichi una cosa sbagliata perché ti piace. Oltre questo c’è un’ulteriore e più profonda spaccatura, una suddivisione in nome della logica o della ragione o dell’analisi, di tutte le nostre vite e a dire il vero della totalità dell’esperienza umana in frammenti sottili e disconnessi. Alan Watts in The Book ha sostenuto che i pensatori occidentali amano dividere in parti un’esperienza che è un unico intero e sfociare in complicazioni e argomentazioni infinite nel tentativo di decidere cosa sia causa e cosa effetto. Non so se lo facciano anche altre culture. Noi di certo e ciò contribuisce molto a uccidere la gioia e il significato delle nostre vite.

Scritto da John Holt
Traduzione: Foglievive
Estratto da Freedom and Beyond di John Holt, Boyton/Cook, 1995.
Tradotto e pubblicato col permesso di Heinemann Publishing e
dalla gentile concessione del sito Nontogliermiilsorriso.org.

Maggiori informazioni riguardo John Holt possono essere trovate sul sito holtgws.com.

 

1 Comments on “Disciplina, di John Holt

  1. Condivido molto di questo bellissimo articolo.

    Quello che l’autore tralascia di dire e’ che non tutti sono fortunati come noi e i nostri figli che ce lo possiamo permettere. Invece io trovo che si debba esserne consapevoli e renderne consapevoli i nostri figli: vero che purtroppo nessuno di noi ha la bacchetta magica per cambiare il mondo, ma siamo onesti e guardiamo in faccia la realta’. Senza altri che si sacrificano – dai genitori che si arrabattano a pagare l’affitto o il mutuo al personale piu’ o meno qualificato ma quasi sempre sottopagato che produce i beni e i servizi dei quali usufruiamo ogni giorno, e che sono alla nostra portata perche’ altri esseri umani – altri ma esseri umani come noi – sono costretti dalle circostanze della vita ad accettare condizioni di lavoro e salari che NON ci auguriamo per noi e per i nostri figli – senza tutto questo la conseguenza realistica non sarebbe che la cena si fredda. Giusto per limitarci alla famiglia, senza genitori che si prendono cura di lui (e i genitori forse sono benestanti beati loro, ma non dimentichiamo la fatica altrui che sta dietro a un patrimonio, o forse sacrificano i migliori decenni della loro vita in un lavoro noioso e alienante perche’ discretamente pagato e consente di arrivare a fine mese) dove sarebbe il minorenne? Per strada? in un homeless shelter? dietro le sbarre?

    Considerato questo dato di fatto, e tenendo anche presente che in USA un minore si puo’ emancipare con una certa facilita’ se davvero fosse in grado di badare a se stesso e mantenersi, penso che un paio di genitori abbiano tutti i diritti di esigere una certa misura di gratitudine e un minimo di buona educazione. Non vieni a cena? sei molto in ritardo? Telefona. La conseguenza naturale del trattare con gentilezza e rispetto e’ che si riceve in cambio la stessa cosa; la conseguenza naturale di comportarsi in maniera indisponente e maleducata, non fa niente se la insegnano i genitori oppure no, volenti o nolenti la imparano tutti.

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